Tasse sul trading online in Italia

Le imposte sul trading colpiscono essenzialmente i guadagni derivanti dall’attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari tramite piattaforme o programmi online e, in via residuale altre tipologie di rendite finanziarie come dividendi, interessi e altri proventi analoghi. In questo articolo vediamo quali sono quando e come si devono pagare le tasse sul trading online in Italia.

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Tassazione dei guadagni di trading

Le principali tasse previste per un conto trading online sono:

  • il 26% sulle plusvalenze nette
  • lo 0,2% di IVAFE (Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero) sul saldo 

A queste vanno aggiunte le considerazioni fatte per la Tobin Tax alla quale abbiamo dedicato un articolo specifico. Questa imposta colpisce:

  • il passaggio di proprietà di azioni e altri strumenti finanziari rilasciati da società con sede in Italia, nonché di titoli rappresentativi degli stessi strumenti
  • le operazioni su strumenti finanziari derivati basati principalmente su uno o più strumenti finanziari partecipativi
  • il trading ad alta frequenza

Dunque l’attività di trading on line, qualora sia effettata su sottostanti o con le modalità previste per la Tobin Tax è soggetta anche a questo tipo di imposizione fiscale. 

Quali profitti si producono con il trading?

I redditi prodotti attraverso l’attività di trading on line rientrano tra i redditi di capitale disciplinati dal Testo unico delle imposte sui redditi, TItolo I, Capo III, artt. 44-48. Nel dettaglio sono qualificate come rendite finanziarie le due categorie di redditi che derivano dall’investimento in capitali (dividendi, interessi e altri proventi analoghi), e dei redditi diversi (plusvalenze e minusvalenze derivanti da transazioni su azioni, su titoli rappresentativi di capitale d’impresa e altri prodotti)

Come funziona la tassazione sulle rendite finanziarie?

In linea generale, l’aliquota dell’imposizione su questo tipo di redditi è proporzionale e pari al 26%, come ha stabilito, da ultimo, il decreto legge 66/2014. Più in dettaglio, i redditi da capitale (interessi e dividendi) sono tassati per cassa, al lordo delle spese, e sottoposti all’aliquota sostitutiva del 26%. 

Fanno eccezione i proventi derivanti da:

  • titoli di Stato, risparmio postale e interessi dei project bond (12,5%);
  • Pir (esenti, se mantenuti per cinque anni);
  • partecipazione qualificata detenuta da un titolare di reddito di impresa;
  • partecipazione a Organismi di investimento collettivo del risparmio, se la quota di partecipazione è superiore al 5% (tassati in Irpef).

Tasse sul trading in Italia

Le principali tasse previste per un conto trading online sono

  • il 26% sulle plusvalenze nette e su eventuali interessi e dividenti pagati dagli strumenti detenuti
  • lo 0,2% di IVAFE sul saldo (equivalente all’imposta di bollo Italiana) 

Dunque, nello specifico, le imposte si dividono in due tipologie, ognuna delle quali, per i contribuenti che utilizzano il regime dichiarativo, richiede la compilazione di un determinato quadro del Modello Unico Persone Fisiche, utile all’assolvimento di un dato obbligo dichiarativo ed impositivo:

  • Monitoraggio fiscale, attraverso la compilazione del quadro RW, con conseguente versamento dell’IVAFE (Imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere, come anticipato, pari allo 0,2%);
  • Imposta del 26% su plusvalenze, capital gain o proventi derivanti dagli investimenti effettuati durante tutto l’anno d’imposta, con compilazione del quadro RT del Modello PF.

Un punto rilevante da tenere a mente è che gli obblighi dichiarativi sussistono anche nel caso in cui le poste di segno negativo siano superiori a quelle di segno positivo determinando pertanto una base imponibile nulla. In questa ipotesi,  il quadro RT conterrà la somma delle minusvalenze realizzate con la possibilità di poter recuperare questo importo in compensazione di eventuali plusvalenze maturate nei quattro periodi d’imposta successivi.

Tassazione del trading nel mondo

Con riferimento al redime di tassazione applicato al trading al di fuori dell’Italia è opportuno ribadire che, i soggetti fiscalmente residenti in Italia sono tenuti all’applicazione della tassazione del paese di riferimento. In particolare, si potrebbe erroneamente ritenere che nei casi in cui sul conto esterno non vengano effettuai prelievi oppure i capitali investiti siano di importi irrisori non vi sia un obbligo di dichiarazione: è vero il contrario, Il contribuente, a prescindere dagli importi investiti, dall’aver effettuato o meno cash out e, soprattutto, avendo residenza fiscale in Italia rimarrà sempre e comunque obbligato all’adempimento di tutti gli obblighi dichiarativi e impositivi previsti dal nostro ordinamento giuridico, nel rispetto del cd. “Regime dichiarativo”

Ne consegue che le variazioni nell’imposizione derivano dallo spostamento eventuale della propria residenza fiscale in un’altra giurisdizione. A titolo di esempio si può considerare che i seguenti paesi in Europa non applicano una tassazione ai capital Gain: Belgio, Lussemburgo, Slovacchia, Repubblica Ceca, Svizzera e Turchia.

Come si pagano le tasse sul trading online?

La tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria per i soggetti che non svolgono attività d’impresa, le persone fisiche, le società semplici e soggetti equiparati, gli enti non commerciali prevede tre regimi: 

  • il regime dichiarativo, 
  • quello del risparmio amministrato
  • quello del risparmio gestito.
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L’autorità fiscale italiana (Agenzia delle Entrate) classifica come “contratti finanziari differenziali” (ovvero derivati), i contratti di acquisto e vendita di valuta, estranei a transazioni commerciali e regolati per differenza, anche mediante operazioni di rinnovo automatico (c.d. “roll-over”). Riconduce, altresì, a tale classificazione contrattuale, anche i contratti di compravendita in valuta che, pur in assenza di clausole contrattuali che prevedano espressamente il rinnovo automatico, presentino caratteristiche tali da consentire di mantenere aperte overnight le posizioni a fine giornata (con conseguente trasformazione della posizione spot in una posizione a termine). 

Operare sul Forex, quindi, significa fiscalmente eseguire “contratti finanziari differenziali” i cui guadagni (plusvalenze) e perdite (minusvalenze) sono stati fiscalmente ricondotti -sempre dall’Agenzia delle Entrate- ai rapporti di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-quater, del Testo unico delle imposte sui redditi. Tale previsione di legge include i guadagni del Forex realizzati da privati investitori tra i “redditi diversi” soggetti all’imposta sostitutiva fissa del 26%.

Leggi anche: regime amministrato o dichiarativo.

Come pagare le tasse sul trading: CFD, opzioni e futures

Per quanto riguarda la tassazione dei derivati (futures, opzioni, CFD, warrants, covered warrants e certificates), questa è applicata sia sulle transazioni di acquisto che di vendita, sia intraday che multiday e colpisce tanto il compratore quanto il venditore. La tassazione sul trading online su derivati è pari al 26%.

Con riferimento specifico ai CFD (acronimo dall’inglese Contract for Difference) si tratta di strumenti derivati in base al quale viene scambiata la differenza di valore di un certo titolo o sottostante, maturata tra il momento di apertura e la chiusura di un contratto. La Banca pertanto, si impegna a pagare (o a trattenere) al cliente la differenza tra il prezzo del sottostante al momento dell’apertura della posizione e il prezzo al momento della chiusura.

I CFD generano delle plusvalenze e minusvalenze finanziarie (redditi di capitale) e per tale scopo occorre dichiararle nel quadro RT. Inoltre, questo tipo di strumenti genera anche un’imposta patrimoniale dovuta alla detenzione di strumenti finanziari all’estero (IVAFE), nel rispettivo quadro RW.

Per quanto riguarda la tassazione della plusvalenza, si è soggetti all’imposta sostitutiva del 26%, dovuta sulla differenza tra il totale dei corrispettivi ed il totale dei costi e dei valori di acquisto, nel periodo di imposta. Per quanto riguarda l’IVAFE, si è soggetti ad un imposta dello 0,2% sul valore delle attività finanziarie, sempre per periodo di imposta.

In altri articoli abbiamo parlato della tassazione sugli investimenti:

Dove indicare le tasse sul trading nella dichiarazione dei redditi

Nel Regime Dichiarativo è il titolare del conto a dover effettuare i calcoli e versare autonomamente le imposte dovute in sede di dichiarazione dei redditi.Il calcolo dell’imponibile, ossia della plusvalenza netta, avviene mediante la somma algebrica dei proventi e degli oneri, percepiti o sostenuti, così come previsto dall’art. 68, comma 8 del TUIR.

Dunque, nella Sezione II del quadro RT (da RT 21 a RT 30 del Modello Redditi PF) il trader dovrà inserire i differenziali positivi e negativi generati dall’effettuazione dell’investimento finanziario, con indicazione del corrispettivo percepito ed il costo sostenuto – così da determinare l’eventuale minusvalenza o plusvalenza da assoggettare ad imposta sostituiva del 26%.

Di conseguenza, la Sezione II andrà compilata in tal modo:

  • RT 21 = totale dei corrispettivi positivi derivanti dalle vendite effettuate
  • RT 22 = inserimento del totale dei costi o dei valori d’acquisto
  • RT 23 = somma algebrica dei differenziali positivi e negativi generante una plusvalenza o una minusvalenza – in caso di plusvalenza, la stessa sarà riportata anche al rigo RT 26
  • RT 27 = calcolo dell’imposta sostitutiva – il medesimo valore sarà riportato anche al rigo RT 29, se non vi sono eccedenze di imposte precedenti.

FAQ: trading e tasse

Quando va dichiarato un conto trading?

Quando la propria residenza fiscale è in Italia, a prescindere dal fatto che il proprio intermediario sia italiano o estero i redditi derivanti dall’attività di trading on line sono soggetti alla fiscalità italiana. In caso di opzione per il regime amministrato, gli adempimenti sono realizzati dall’intermediario e vengono compiuti nel momento in cui ciascuna operazione viene perfezionata. In caso di opzione per il regime dichiarativo sussiste l’obbligo di inserire l’attività svolta nella dichiarazione dei redditi anche nel caso di realizzazione di sole minusvalenze. Il mancato adempimento di questi obblighi comporta delle sanzioni. 

Dove si pagano meno tasse con il trading?

In molti paesi, i redditi da investimenti, come i dividendi e le plusvalenze, sono tassati a un’aliquota diversa dal reddito da lavoro. Ad esempio, in Italia i redditi derivanti dall’impiego di capitale (c.d. proventi finanziari) sono tassati con imposta sostitutiva al 26% e non confluiscono nell’IRPEF. Tali proventi, a livello internazionale, sono tassati nello Stato di residenza del soggetto percettore del reddito. Tra i paesi europei dove non si pagano imposte sulle plusvalenze troviamo Belgio, Lussemburgo, Slovacchia, Repubblica Ceca, Svizzera e Turchia. Altri paesi come Repubblica Ceca, Grecia e Ungheria, presentano invece una tassazione inferiore alla media degli altri paesi.

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