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Commissioni di gestione fondi: cosa sono e come calcolarle

Le commissioni dei fondi di investimento possono ridurre la redditività netta a lungo termine. Scopri le principali commissioni, i loro limiti legali e come influenzano i tuoi investimenti.
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Le commissioni di gestione dei fondi sono uno dei fattori che più incidono sul rendimento finale del tuo investimento. Anche una differenza apparente minima - ad esempio tra l’1% e il 2% annuo di costi - può tradursi, nel lungo periodo, in migliaia di euro in meno sul capitale accumulato.

Per questo, quando scegli un fondo comune, non basta guardare alle performance: devi capire quali commissioni paghi, come vengono calcolate e quanto sono competitive rispetto ad alternative come gli ETF.

Per valutare l’impatto reale delle commissioni e confrontare l’accesso a fondi ed ETF con strutture di costo trasparenti puoi considerare broker come 👇

In questa guida vediamo nel dettaglio quali sono le principali commissioni dei fondi di investimento, quali limiti pone la normativa, come leggere i documenti chiave (KID e prospetto) e quali accorgimenti puoi adottare per pagare meno, senza rinunciare alla qualità della gestione.

Commissioni dei fondi di investimento: quadro generale

Le commissioni applicate ai fondi di investimento sono disciplinate dal Testo Unico della Finanza (TUF) e dai regolamenti di Consob e Banca d’Italia, con un principio cardine: massima trasparenza verso l’investitore. Questo significa che:

  • tutte le voci di costo devono essere illustrate nel prospetto informativo e nel KID (Key Information Document);
  • devono essere spiegati il metodo di calcolo, la frequenza di addebito e il soggetto che incassa la commissione;
  • l’investitore deve poter confrontare facilmente prodotti simili, anche grazie ad indicatori come il TER (Total Expense Ratio) o spese correnti.

La normativa italiana non fissa di norma un tetto assoluto alle commissioni dei fondi, ma richiede che siano eque, proporzionate al servizio reso e non fuorvianti nella comunicazione.

Commissioni di gestione dei fondi

Le commissioni di gestione fondi comuni di investimento sono il compenso riconosciuto alla società di gestione del risparmio (SGR) per l’attività di:

  • selezione e monitoraggio dei titoli in portafoglio,
  • definizione e aggiornamento della strategia di investimento,
  • gestione della liquidità, coperture, ribilanciamenti,
  • attività amministrative e di controllo sulla gestione.

Si calcolano come percentuale annua sul patrimonio del fondo (ad esempio 1,5% all’anno) e vengono prelevate in modo continuo, spesso con addebito giornaliero o mensile sul valore patrimoniale netto. L’investitore non effettua un pagamento diretto: vede semplicemente una performance già al netto di queste commissioni.

Diverse analisi sui fondi collocati in Italia mostrano come le commissioni di gestione dei fondi attivi si collochino spesso tra circa l’1% e il 3-3,5% annuo, mentre gli ETF e gli altri fondi indicizzati tendono ad avere costi medi molto più bassi, spesso inferiori allo 0,5% annuo.

Questo divario spiega perché gli investitori più attenti ai costi valutano sempre il rapporto costo/valore aggiunto: una gestione attiva ha senso solo se, nel tempo, produce un rendimento netto migliore rispetto a un’alternativa passiva più economica.

Commissioni di sottoscrizione e rimborso: come funzionano

Oltre alle commissioni di gestione, un fondo può applicare commissioni di sottoscrizione (ingresso) e commissioni di rimborso (uscita).

La commissione di sottoscrizione è un costo che può essere applicato al momento in cui stai per investire nel fondo. Di solito è una percentuale del capitale investito (per esempio il 2%): se versi 10.000 euro, 200 euro vanno a coprire costi di distribuzione e solo 9.800 vengono effettivamente investiti.

La commissione di rimborso viene applicata quando disinvesti (totale, parziale o trasferimento verso un altro fondo). Anche qui si tratta in genere di una percentuale sul capitale rimborsato. Spesso è decrescente nel tempo e ha lo scopo di scoraggiare uscite troppo anticipate che destabilizzerebbero il fondo.

La normativa non stabilisce limiti numerici precisi per queste commissioni, ma richiede che:

  • siano indicate in modo chiaro nel prospetto e nel KID;
  • siano coerenti con la politica di gestione e di distribuzione del fondo;
  • non siano strutturate in modo penalizzante o fuorviante per l’investitore.

Commissioni di performance (o di successo)

Le commissioni di successo o performance fee sono un ulteriore compenso che il gestore può ricevere quando il fondo supera un determinato obiettivo di rendimento, indicato nel prospetto (ad esempio un benchmark di riferimento o un rendimento minimo assoluto).

Per tutelare l’investitore, la normativa europea e gli orientamenti di vigilanza prevedono che queste commissioni:

  • siano collegate a un benchmark chiaro e pertinente;
  • vengano applicate solo in presenza di performance effettivamente superiori a quella del mercato o del target indicato;
  • utilizzino criteri corretti come il meccanismo della “high-water mark”, che impedisce di pagare più volte commissioni di performance se il fondo è semplicemente rientrato su valori già raggiunti in passato.

Le performance fee non sono vietate, ma devono essere strutturate e comunicate in modo trasparente, altrimenti rischiano di allineare gli interessi del gestore e dell’investitore solo sulla carta.

Commissioni di deposito o custodia

Un’altra voce importante sono le commissioni di deposito o custodia, ossia i costi che i depositari del fondo addebitano per:

  • custodire i titoli in portafoglio,
  • eseguire controlli sulla regolarità della gestione,
  • gestire gli aspetti amministrativi legati ai flussi di cassa e alla tenuta dei registri.

Queste commissioni:

  • sono maturate di norma quotidianamente e già incorporate nel valore quota (l’investitore non vede un addebito separato);
  • non hanno un limite numerico fisso in Italia, ma devono essere ragionevoli e chiaramente indicate nei documenti del fondo;
  • rientrano nella voce “spese correnti” che trovi nel KID.

Nel caso dei fondi italiani, le commissioni alla banca depositaria rappresentano una quota relativamente contenuta del totale, spesso intorno a pochi centesimi di punto percentuale, ma comunque stabile nel tempo.

Come calcolare le commissioni dei fondi

Per capire quanto ti costa davvero un fondo non basta leggere singolarmente ogni commissione. È più efficace usare gli indicatori sintetici riportati nel KID:

  • Spese correnti / TER (Total Expense Ratio): rappresentano il costo annuo complessivo che grava sul fondo (commissioni di gestione, deposito, oneri amministrativi, ecc.), espresso come percentuale del patrimonio.
  • Eventuali costs one-off (ad esempio commissioni di sottoscrizione e rimborso) vengono indicati a parte.

Il KID mostra anche scenari di performance al netto dei costi, permettendoti di valutare l’impatto delle commissioni sui rendimenti attesi.

In pratica, se un fondo ha spese correnti del 2% e, in un dato anno, il portafoglio lordo rende il 6%, tu vedrai una performance netta attorno al 4% (al netto delle sole spese correnti, senza considerare tassazione del fondo e altri costi). Al contrario, in un anno negativo, i costi amplificano la perdita.

Per accedere a fondi ed ETF con strutture commissionali competitive e strumenti di analisi chiari sui costi puoi valutare piattaforme come Fineco, XTB e Scalable Capital, che permettono di operare su numerosi mercati e di confrontare facilmente le spese correnti dei prodotti disponibili.

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Questa scelta non elimina le commissioni di gestione del fondo, ma può aiutarti a:

  • evitare extra-costi di collocamento e retrocessioni eccessive,
  • ampliare il ventaglio di fondi ed ETF a basso costo,
  • avere maggiore trasparenza su ciò che paghi anno per anno.

Come consultare le commissioni di gestione fondi?

Per valutare in modo consapevole le commissioni di un fondo comune, in Italia hai a disposizione diversi strumenti:

  • KID e prospetto informativo
    • il KID (Key Information Document), che sintetizza in poche pagine obiettivi, rischi e costi del fondo, con indicatori come le spese correnti e scenari di performance;
    • il prospetto informativo, più dettagliato, che descrive in modo completo tutte le commissioni (gestione, performance, sottoscrizione, rimborso, custodia), la politica di investimento e i rischi specifici.

Puoi recuperarli facilmente a partire dal codice ISIN del fondo, cercandolo sul sito della SGR, del collocatore o nei registri ufficiali Consob.

  • Confronto tra fondi simili, da realizzare una volta individuata la categoria (ad esempio fondi azionari europei, fondi obbligazionari governativi, bilanciati, ecc.), per mettere in relazione:
    • le spese correnti / TER,
    • l’eventuale presenza di commissioni di performance,
    • la struttura delle commissioni di sottoscrizione e rimborso.

A parità di strategia e di qualità del gestore, un costo strutturalmente più basso lascia più rendimento nelle tue tasche.

  • Rendiconto costi e oneri MiFID II

Almeno una volta l’anno, la tua banca o il tuo intermediario ti invia il rendiconto costi e oneri, che riepiloga tutti i costi effettivamente pagati sui tuoi investimenti (in euro e in percentuale) e l’impatto che hanno avuto sul rendimento dell’anno precedente. Questo documento è una sorta di “cartella clinica” dei tuoi investimenti e ti permette di capire se le commissioni che stai pagando sono coerenti con il servizio ricevuto.

Confronto con ETF e fondi indicizzati

Uno dei confronti più rilevanti, quando si parla di commissioni di gestione fondi, è quello con gli ETF e i fondi indicizzati, che replicano passivamente un indice.

  • Fondi a gestione attiva: puntano a battere un benchmark selezionando titoli in modo discrezionale. Per farlo sostengono maggiori costi di analisi e ricerca, che si riflettono in commissioni di gestione più alte.
  • ETF e fondi indicizzati: replicano un indice in modo meccanico, con scambi più limitati e strutture più semplici. Questo consente di mantenere spese correnti molto più basse, spesso inferiori allo 0,30–0,40% annuo su molti mercati sviluppati.

Numerose analisi mostrano come, nel lungo periodo, la combinazione di costi più bassi e di una gestione passiva coerente permetta agli ETF di risultare spesso competitivi rispetto ai fondi attivi, soprattutto quando questi ultimi non riescono a generare un extra-rendimento stabile nel tempo.

Opinione di Rankia sulle commissioni di gestione fondi

Nel lungo periodo, le commissioni sono uno dei fattori più importanti nel determinare il risultato finale di un investimento in fondi. Per questo, secondo Rankia, è fondamentale:

  • verificare sempre il TER / spese correnti, confrontandolo con la media della categoria;
  • preferire, a parità di strategia e qualità, fondi senza commissioni di sottoscrizione e rimborso o con costi di ingresso/uscita molto contenuti;
  • valutare con attenzione la reale utilità delle commissioni di performance, che hanno senso solo se il gestore dimostra nel tempo di creare valore netto per l’investitore;
  • non trascurare le alternative a basso costo, come gli ETF, soprattutto per mercati molto efficienti dove battere il benchmark è difficile.

Le commissioni di gestione fondi non sono “il male assoluto”: remunerano un lavoro reale. Ma devono essere proporzionate, trasparenti e giustificate da una qualità di gestione adeguata. Il primo passo per proteggere il tuo patrimonio è sapere esattamente quanto paghi e cosa ottieni in cambio.

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FAQ

Disclaimer:

Questo non è un consiglio di investimento; investire comporta un rischio di perdita e i risultati passati non sono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
Il trading comporta dei rischi e potresti perdere parte o tutto il capitale investito. Le informazioni fornite hanno esclusivamente scopo informativo ed educativo e non costituiscono in alcun modo consulenza finanziaria e/o una raccomandazione di investimento.
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