Fondi
Per tutta la seconda metà del 2023, le pubblicazioni finanziarie recensite da Fisher Investments Italia hanno parlato di raffreddamento dell’inflazione (un aumento generalizzato dei prezzi in tutta l’economia) in Europa e negli Stati Uniti. Eppure, i livelli dei prezzi di molti beni e servizi rimangono al di sopra dei valori pre-pandemia. Cosa sta succedendo?
Abbiamo notato che questa apparente disconnessione suscita in molti una comprensibile frustrazione: se l’inflazione si sta raffreddando, perché non calano i prezzi? Dal nostro punto di vista, può essere importante comprendere la differenza tra disinflazione e deflazione. Nel farlo, riteniamo che gli investitori dovrebbero rendersi conto di come i prezzi elevati non costituiscano una minaccia per i mercati azionari.
Secondo la recensione di Fisher Investments Italia, è importante sapere che l’inflazione è un tasso di variazione, non un livello. In altre parole, l’inflazione riflette il ritmo di aumento (o diminuzione) dei prezzi rispetto a un periodo (solitamente il mese o l’anno) precedente. Consideriamo l’Indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona (HICP). Il suo tasso del 2,4% anno su anno registrato a novembre 2023 rappresenta l’aumento complessivo dei prezzi dei beni e dei servizi dell’Eurozona rispetto a novembre 2022. Il calo dello 0,5% mese su mese dell’HICP indica la diminuzione dei prezzi di novembre 2023 rispetto a quelli di ottobre 2023.
Il tasso d’inflazione può diminuire da un mese all’altro, ma se rimane positivo significa che i prezzi continuano ad aumentare, sebbene a un ritmo più lento. Questo fenomeno prende il nome di disinflazione. Il rallentamento dell’inflazione dell’Eurozona dal massimo del 10,6% a/a dell’ottobre 2022 al 2,4% del novembre 2023 è un classico esempio di disinflazione relativamente ampia. Lo stesso vale per il rallentamento dell’inflazione statunitense dal massimo del 9,1% a/a del giugno 2022 al 3,1% del novembre 2023.
La deflazione, invece, si riferisce all’effettiva diminuzione dei prezzi. I periodi di deflazione implicano livelli dei prezzi assoluti più bassi e pertanto tassi di inflazione negativi. In base ai commenti finanziari recensiti da Fisher Investments Italia, questo è lo scenario che tanti oggi sembrano auspicare; ovvero che i livelli dei prezzi di beni e servizi scendano dopo i rincari del periodo 2021-2023, tornando su valori più vicini a quelli pre-pandemia.
Sebbene la deflazione possa sembrare allettante (ad es. generi alimentari e bollette energetiche più convenienti), abbiamo riscontrato che è un effetto collaterale di periodi economici difficili. Stando alle nostre ricerche, si tratta di un fenomeno storicamente raro, e per fortuna, aggiungiamo noi. Un periodo deflazionistico che spicca nelle analisi di storia economica di Fisher Investments Italia? La Grande Depressione: un’epoca di disoccupazione diffusa e di declino economico negli Stati Uniti e in Europa. Consideriamo i dati statunitensi (che citiamo per la loro lunga serie di dati e la loro disponibilità) del periodo: su base annua, l’Indice dei prezzi al consumo (CPI) degli Stati Uniti si è contratto del 2,7% nel 1930, dell’8,9% nel 1931, del 10,3% nel 1932 e del 5,2% nel 1933. Le forze deflazionistiche non hanno aiutato le azioni: in termini di prezzi, l’indice S&P 500 USA è sceso del 28,5% nel 1930, del 47,1% nel 1931 e del 14,8% nel 1932, prima di registrare un rendimento positivo per l’intero anno nel 1933. Riteniamo che le azioni stessero scontando gli stessi problemi economici all’origine della profonda deflazione, ossia le gravi difficoltà bancarie globali e la forte contrazione dell’offerta di moneta.
Anche la crisi finanziaria globale del 2007-2009 è stata caratterizzata dalla deflazione. L’HICP dell’Eurozona ha evidenziato una contrazione tra il giugno e l’ottobre del 2009 (toccando un minimo del -0,6% a/a nel luglio 2009), mentre il CPI degli Stati Uniti si è contratto tra il marzo e l’ottobre del 2009 (toccando un minimo del -2,1% nel luglio 2009), il tutto sullo sfondo di una recessione globale (un periodo di contrazione della produzione economica). L’Eurozona è stata interessata da una modesta deflazione anche durante le chiusure dell’attività legate alla pandemia del 2020: l’HICP ha evidenziato una contrazione anno su anno tra agosto e dicembre 2020. Per Fisher Investments Italia si può senz’altro affermare che questi non siano stati periodi di boom economico o di borsa, poiché i principali indici azionari statunitensi ed europei hanno attraversato mercati ribassisti (cali del mercato azionario di entità pari o superiore al 20%).
Riteniamo inoltre importante considerare la significativa deflazione ipotetica che sarebbe necessaria per far sì che i prezzi attuali tornino sui livelli precedenti al 2020. L’Eurozona dovrebbe evidenziare una deflazione cumulativa del -14,9% per riportare i prezzi del novembre 2023 ai livelli del dicembre 2019. Gli Stati Uniti avrebbero bisogno di una deflazione del -16,3% per tornare ai livelli pre-pandemia. Una deflazione di questa entità sarebbe paragonabile a quella osservata durante la Grande Depressione e, secondo la recensione di Fisher Investments Italia, comporterebbe ripercussioni economiche negative simili. Non crediamo che coloro che oggi sperano in una deflazione vogliano un tale scenario, né tantomeno la disoccupazione, le turbolenze emotive e la generale riduzione della qualità della vita che a nostro avviso ne deriverebbe.
Per quanto riguarda i prezzi tuttora elevati, riconosciamo il loro impatto sui bilanci delle famiglie, ma riteniamo che la loro minaccia per le azioni sia limitata. Secondo la recensione di Fisher Investments Italia, le imprese e i consumatori sono in grado di adattarsi, come dimostra il periodo inflazionistico del 2021-2023. Le aziende dell’Eurozona rimangono resilienti, con margini di profitto a un solido 24,9% in tutto il blocco fino al terzo trimestre 2023, il che permette loro di finanziarsi dall’interno e di crescere nonostante costi più alti. I margini di profitto delle imprese statunitensi fino al terzo trimestre del 2023 sono addirittura più cospicui, al 33,2%. Inoltre, siamo dell’avviso che una crescita dei salari superiore all’inflazione possa contribuire a compensare le pressioni inflazionistiche. È ciò che sta accadendo ora, come evidenziano i dati, con una crescita dei salari dell’Eurozona del 4,5% a/a nel secondo trimestre del 2023, superiore all’HICP della regione nello stesso periodo. Analogamente, la crescita dei salari statunitensi ha superato il CPI complessivo USA da febbraio a novembre 2023 (ultimi dati disponibili). Fisher Investments Italia ritiene che ciò restituisca alle famiglie un po’ del loro potere d’acquisto ed è probabile che continuerà a farlo, poiché i salari seguono regolarmente l’inflazione, secondo la nostra ricerca.
Pur comprendendo le preoccupazioni dei consumatori e delle aziende alle prese con costi più elevati, Fisher Investments Italia non pensa che la deflazione possa giovare a loro o ai mercati azionari.
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Fisher Investments Italia è la denominazione commerciale utilizzata dalla succursale di Fisher Investments Ireland Limited operante in Italia (“Fisher Investments Italia”). Fisher Investments Ireland Limited, una società a responsabilità limitata costituita in Irlanda, è iscritta, insieme alla sua denominazione commerciale Fisher Investments Europe, al Companies Registration Office (“”Registro delle imprese””) irlandese con i numeri 623847 e 629724. Fisher Investments Europe è regolamentata dalla Banca Centrale d’Irlanda e ha sede legale presso: 2 George’s Dock, 1st Floor, Dublin 1, D01 H2T6 Irlanda Fisher Investments Europe affida una parte degli aspetti dell’attività giornaliera di consulenza di investimento e gestione di portafoglio e delle funzioni di trading alle proprie affiliate.
Il presente documento contiene le opinioni generali di Fisher Investments Europe e non deve essere considerato alla stregua di una consulenza personalizzata in materia di investimento o di natura fiscale, né tantomeno come un riflesso delle performance dei clienti. Non è possibile garantire che Fisher Investments Europe manterrà queste opinioni, che potrebbero cambiare in qualsiasi momento in base a nuove informazioni, analisi o riconsiderazioni. Nulla nel presente deve essere inteso come una raccomandazione o una previsione delle condizioni di mercato. Al contrario, è da intendersi come l’illustrazione di una tesi. Le condizioni di mercato attuali e quelle future potrebbero presentare numerose differenze rispetto a quelle qui illustrate. Inoltre, non si forniscono garanzie in merito all’esattezza delle ipotesi formulate negli esempi qui presenti.
NOTE
1. FactSet, al 13/12/2023. Sulla base dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona (HICP) e dell’Indice dei prezzi al consumo (CPI) statunitense, da dicembre 2019 a novembre 2023. L’HICP e il CPI sono indici governativi composti dai prezzi di beni e servizi consumati comunemente.
2. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona.
3. Ibidem.
4. Ibidem.
5. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Indice dei prezzi al consumo statunitense.
6. Fonte: Dipartimento di Stato USA, Office of the Historian, al 12/12/2023. “The Great Depression and U.S. Foreign Policy.”
7. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Indice dei prezzi al consumo statunitense.
8. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Indice S&P 500 (dividendi esclusi), dal 31/12/1929 al 31/12/1933. Valori espressi in dollari USA. Le fluttuazioni valutarie tra il dollaro e l’euro potrebbero provocare variazioni al rialzo o al ribasso del rendimento degli investimenti.
9. Fonte: Dipartimento di Stato USA, Office of the Historian, al 12/12/2023. “The Great Depression and U.S. Foreign Policy,” e “The Great Depression,” Gary Richardson, Federal Reserve Bank of Richmond, 22/11/2013.
10. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona e Indice dei prezzi al consumo USA. Informazioni sulla recessione basate sulla crescita del PIL mondiale, 2007-2009.
11. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona.
12. Fonte: FactSet, al 13/12/2023. Sulla base degli indici S&P 500 (rendimento totale) e MSCI EMU (rendimento totale con dividendi netti), in valuta locale, dal 16/07/2007 al 09/03/2009 e dal 12/02/2020 al 23/03/2020.
13. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Sulla base dei prezzi dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona (HICP), livelli di novembre 2023 e dicembre 2019.
14. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Sulla base dell’Indice dei prezzi al consumo statunitense, livelli di novembre 2023 e dicembre 2019.
15. Fonte: FactSet, al 14/12/2023. Sulla base dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo dell’Eurozona e dell’Indice dei prezzi al consumo statunitense, da dicembre 2020 a novembre 2023.
16. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Margine di profitto lordo dei componenti dell’indice MSCI EMU, 30/09/2023.
17. Fonte: FactSet, al 12/12/2023. Margine di profitto lordo dei componenti dell’indice S&P 500, 30/09/2023.
18. Fonte: Eurostat e FactSet, al 12/12/2023.
19. Fonte: Federal Reserve Bank of Atlanta e FactSet, al 12/12/2023.
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