Tassazione degli ETF in Italia

In Italia, gli ETF (Exchange-Traded Funds) sono soggetti a imposte sui redditi come qualsiasi altro investimento in titoli. Il regime fiscale degli ETF è stato modificato con il D.lgs n. 44 del 2014, quando l’Italia ha recepito la direttiva europea 2011/61/UE AIFM (Alternative Investments Fund Managers): la principale variazione rispetto alla normativa precedente consiste nella qualificazione come componente di reddito di capitale sia degli introiti derivanti da pagamenti collegati alle attività sottostanti, come cedole e dividendi, sia delle plusvalenze o capital gain, calcolate con la differenza tra prezzo di acquisto e vendita a valore di mercato. Vediamo più nello specifico come si pagano le tasse sugli ETF.

Tassazione degli ETF in Italia
La tassazione degli ETF in Italia ha subito una grande evoluzione nel corso degli anni. In questo post vi illustreremo in dettaglio gli aspetti più importanti della tassazione degli ETF. Prima di iniziare vi facciamo una tabella riassuntiva che può esservi utile, per poi addentrarci nel merito della questione: come si pagano le tasse sugli ETF in Italia?
ETF ARMONIZZATI | ETF NON ARMONIZZATI | |
PLUSVALENZA | Redditi capitale 26% o 12,5% | Redditi ordinari Scaglioni IRPEF |
MINUSVALENZA | Redditi Diversi Compensazione solo con plusvalenze azioni, opzioni, futures, CFD | Redditi Diversi Compensazione solo con plusvalenze azioni, opzioni, futures, CFD |
La fiscalità degli ETF in Italia
Come accennato in precedenza, il governo italiano ha apportato importanti cambiamenti nella tassazione degli ETF nel 2014. Tra questi cambiamenti c'è stato quello di considerare tutti i redditi come redditi da capitale, così come di calcolare le plusvalenze come perdite sulla differenza tra il prezzo di vendita e il relativo prezzo di acquisto (mentre prima venivano calcolate considerando la differenza di prezzo e il NAV – valore patrimoniale netto – generando una doppia tassazione).
Inoltre, dal 30 giugno 2014, il reddito derivato dagli ETF è tassato al 26%, compresi interessi, dividendi e plusvalenze reali. Quindi si dovrebbe prendere in particolare considerazione quando si effettua una vendita di un ETF, in quanto è possibile che:
- Una parte maturata prima del 30 giugno 2014, è soggetta all'imposta del 20%.
- L'altra parte maturata dopo è soggetta alla nuova tassazione del 26%.
Affrancamento fiscale 2023: novità dalla legge di Bilancio
Bisogna considerare che la legge di Bilancio 2023 ha introdotto delle novità fiscali che permettono di ridurre le aliquote vigenti. Alla fine dell'articolo vedremo come funziona e se conviene avvalersi dell'affrancamento fiscale 2023.
Scelta del regime fiscale: dichiarativo, amministrato, gestito
In Italia, gli investitori in ETF possono scegliere tra tre diversi regimi fiscali:
- regime gestito: nel quale l’investitore delega la gestione del portafoglio all’intermediario e le tasse sono calcolate sul risultato netto della gestione, come differenza dell’andamento del portafoglio tra inizio e fine del periodo d’imposta.
- regime amministrato: nel quale l’investitore delega l’intermediario alla gestione delle tasse, che sono applicate nel momento in cui le singole quote vengono vendute.
- regime dichiarativo: nel quale l'investitore deve tenere traccia dei propri acquisti e vendite di ETF e calcolare le imposte dovute in base alle regole fiscali vigenti.
Nel regime Amministrato l’intermediario opera come sostituto d’imposta e le plusvalenze sono tassate alla fonte al 26% o al 12,5% per la quota del fondo investita in titoli pubblici italiani o di Stati esteri white list, inclusi nel D.M. 4/1996. Le minusvalenze sono compensabili tra redditi diversi ma devono realizzarsi prima delle plusvalenze.

Gestione delle Minusvalenze derivanti da ETF
Le minusvalenze derivanti dalla vendita di ETF possono essere utilizzate per compensare i guadagni realizzati dalla vendita di altri titoli. In questo modo, l'investitore può ridurre il proprio reddito imponibile e quindi le imposte dovute. Tuttavia, le minusvalenze non possono essere utilizzate per compensare i redditi di lavoro dipendente o i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
L’unico modo per poter recuperare le minusvalenze derivanti da ETF è quello di compensarle con le plusvalenze derivanti da azioni, opzioni, futures, obbligazioni, cfd, forex e tutti gli strumenti di cui all’art. 67 del TUIR. Tali minusvalenze possono essere compensate nell’arco dei quattro periodi d’imposta successivi a quello considerato.
Con riferimento al regime fiscale adottato:
- In regime amministrato le minusvalenze sono compensabili tra redditi diversi,ma devono realizzarsi prima delle plusvalenze.
- In regime gestito la compensazione di minusvalenze e plusvalenze non deve seguire un determinato ordine temporale.
- In regime dichiarativo le minusvalenza vanno dichiarate al pari delle plusvalenze
ETF: redditi da capitale o redditi diversi
In Italia, i guadagni realizzati dalla vendita operando in ETF possono essere tassati come Gli ETF possono rientrare nei Redditi Diversi, nei Redditi di Capitale o nei Redditi Ordinari.
Il caso base è la qualifica come Redditi da Capitale perché il d.lgs n. 44 del 2014 ha stabilito che l’aliquota fiscale da applicare sui proventi derivanti dagli ETF è pari al 26%, sia per il capital gain che per i dividendi percepiti dall’investitore.
Sono qualificate come Redditi Ordinari le plusvalenze derivanti da ETF non armonizzati e la tassazione prevede la ritenuta a titolo d’acconto del 26% oltre all’assoggettamento agli scaglioni IRPEF.
Sono qualificati come Redditi Diversi (quadro RT del Modello Redditi) le perdite derivanti dagli ETF e si compensano solo con le plusvalenze derivanti da azioni, opzioni, futures, obbligazioni, cfd, forex e altri strumenti di cui all’art. 67 del TUIR.
Leggi di più su: quando fare la dichiarazione dei redditi.
Come funziona la tassazione dell'ETF
Dato che gli ETF sono stati inseriti tra gli OICR, il regime tributario ad essi applicabile nel mercato italiano è stato creato all’interno delle disposizioni vigenti a livello nazionale in materia di imposizione fiscale degli OICR.
La detenzione di ETF tramite intermediario finanziario residente lascia al contribuente la possibilità di gestione degli aspetti fiscali direttamente all’intermediario attraverso il regime del risparmio amministrato, oppure utilizzare il regime dichiarativo, ed operare in autonomia in dichiarazione dei redditi.
La detenzione di ETF per il tramite di un intermediario finanziario non residente determina la necessità di tassare i proventi derivanti dagli ETF con il regime dichiarativo. Questo significa che è compito del contribuente andare a rendicontare profitti e perdite derivanti da questi investimenti finanziari nella propria dichiarazione dei redditi. In particolare, la tassazione degli ETF nel regime dichiarativo varia in base ad alcuni fattori:
- In caso di detenzione di ETF armonizzati o non armonizzati;
- In caso di percepimento di una plusvalenza o di una minusvalenza dal trading degli ETF.
Tassazione degli ETF armonizzati
Gli ETF armonizzati, anche chiamati ETF UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), sono quelli conformi alle direttive europee e pertanto quotati sulle Borse europee e sono soggetti alle stesse regole fiscali degli ETF tradizionali in Italia.
La partecipazione ad ETF istituiti nell’Unione Europea il cui gestore risulta soggetto a vigilanza nel proprio Stato di residenza prevede che i proventi periodici e quelli compresi nella somma rimborsata o nel prezzo di cessione, percepiti attraverso un intermediario italiano sono soggetti a una ritenuta d’imposta del 26% (art. 10-ter co. 1, 2 e 4 della Legge n. 77/83).
Per questa tipologia di proventi la base imponibile può essere ridotta in proporzione alla quota del fondo investita in titoli pubblici italiani o di Stati esteri white list, inclusi nel D.M. 4.9.96. In caso di ETF che replicano titoli di Stato italiani, di Paesi white list (Stati aventi un regime fiscale conforme agli standard di legalità e trasparenza adottati dall’Unione Europea) o emessi da enti sovranazionali l’aliquota scende al 12,5%. Tale ritenuta può sommarsi a una eventuale ritenuta operata all’estero, senza che questa possa essere dedotta dall’imponibile né detratta dall’imposta italiana.
Per esempio, nel caso di un ETF composto al 50% da titoli di Stato e al restante 50% da azioni, i redditi ottenuti verranno tassati per metà al 12,5% e per metà al 26%.
Tipo di ETF | Regime fiscale |
ETF UE | 26% di ritenuta alla fonte |
ETF che replicano titoli di Stato italiani, Paesi white list o emessi da enti sovranazionali | Ritenuta del 12,5 % |
Tassazione degli ETF non armonizzati
Gli ETF non armonizzati, anche chiamati ETF non-UCITS, sono soggetti alle regole fiscali del paese in cui sono negoziati. Sostanzialmente le plusvalenze da ETF non armonizzati sono assoggettate a tassazione ordinaria IRPEF. Questo significa che vengono sommate a tutti gli altri redditi (lavoro autonomo, dipendente, affitti, etc.) e pertanto vengono tassate in base allo scaglione di appartenenza.
Deve essere considerato che, talvolta, la tassazione dello scaglione potrebbe essere inferiore al 26% (nei primi 2 scaglioni le aliquote sono rispettivamente 23 e 25% ). Inoltre, i profitti da ETF non armonizzati si possono utilizzare per detrarre le varie spese (ad esempio spese mediche, assicurative, per ristrutturazione, etc.), se i redditi a tassazione ordinaria non compensano interamente le detrazioni.
Scaglioni IRPEF | Imposta da pagare (%) |
Fino a 15.000 €. | 23% |
Da € 15.001 a 28.000 € | 3.450 € + 27% parte eccedente 15.000 € |
Da €28.001 a 55.000 € | 6.960 € + 38% parte eccedente 28.000 € |
Da 55.001 € a 75.000 € | 17.220 € + 41% parte eccedente 55.000 € |
Superiore a 75.000 € | 25.420 € + 43% parte eccedente 75.000 € |
ETF a distribuzione e ad accumulazione
Gli ETF possono essere suddivisi in due categorie in base alla loro modalità di distribuzione dei proventi: ETF a distribuzione e ETF ad accumulazione.
Gli ETF a distribuzione, anche noti come ETF “dividend”, distribuiscono i proventi generati dalle attività sottostanti ai loro azionisti. Questi proventi possono includere dividendi, interessi e plusvalenze realizzate dalle attività sottostanti.
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Gli ETF ad accumulazione, invece, non distribuiscono i proventi generati dalle attività sottostanti ai loro azionisti ma li reinvestono nei titoli sottostanti. In questo caso, i proventi non sono distribuiti come dividendi e quindi non sono tassati, ma vengono compresi nella plusvalenza che si otterrà al momento della vendita dell'ETF.
La normativa italiana favorisce dunque gli ETF ad accumulazione, che vedranno massimizzati i benefici della capitalizzazione degli interessi composti.
Tassazione ETC e ETN
La tassazione degli Exchange-traded commodities (ETC) segue regole diverse da quelle previste per gli ETF. Gli ETC sono tipicamente strumenti che replicano l’andamento di singole materie prime negoziate sulla borsa valore o di singole valute tra cui anche Bitcoin. A differenza degli ETF, gli ETC e gli ETN non sono prodotti OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio disciplinati dal D.lgs n. 44 del 2014) e sono tassati con l’aliquota del 26%, confluendo solamente nei Redditi Diversi.
Questo significa che ETC e ETN non subiscono la distinzione tra redditi da capitale e redditi diversi imposta dalla riforma del 2014 per gli ETF: le plusvalenze realizzate su ETC e ETN possono essere compensate con le minusvalenze derivate dalle stesse operazioni in negativo, assimilando la tassazione a quella degli altri strumenti finanziari descritti dall’art 67 TUIR.
Novità dalla Finanziaria 2023
La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto delle nuove disposizioni in tema di tassazione degli OICR legate all’affrancamento delle quote, in particolare, i commi 112 e 113 dell’art. 1, L. n. 197/2022 (“Legge di Bilancio per il 2023”), prevedono la possibilità di affrancare (“considerare realizzati” secondo il wording del comma 112) i proventi di natura finanziaria relativi alle quote o azioni degli OICR possedute alla data del 31 dicembre 2022.
Nel dettaglio è prevista la possibilità di di considerare realizzati i redditi di capitale (di cui all’art. 44 del TUIR) e quelli diversi di natura finanziaria (di cui all’art. 67 del TUIR) derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), assoggettando ad imposta sostitutiva, con aliquota del 14%, la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione.
Tale opzione si estende a tutte le quote o azioni appartenenti ad una medesima categoria omogenea, possedute alla data del 31 dicembre 2022 profilo che necessita di chiarimenti da parte dell’amministrazione perché, se interpretato in modo estensivo potrebbe includere quote per le quali il contribuente non individua un interesse (tipicamente, ma non esclusivamente, finanziario) ad anticipare la relativa tassazione anche valutato il residuo periodo di detenzione degli investimenti.
Come funziona il beneficio fiscale?
Il contribuente può esercitare l’opzione per l’applicazione di tale regime attraverso apposita comunicazione all’intermediario presso il quale è intrattenuto il rapporto di custodia, amministrazione, gestione di portafogli o altro stabile rapporto, entro il 30 giugno 2023. In assenza di tali rapporti, l’opzione può essere esercitata, dal contribuente, nella propria dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2022. La norma prevede che l’opzione non può essere esercitata in relazione alle quote di OICR immesse in rapporti per i quali è stata esercitata l’opzione del cd. risparmio gestito di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 461/1997 che, come noto, determina modalità di tassazione dei proventi maturati del tutto peculiari.
L’imposta sostitutiva del 14% è versata dagli intermediari entro il 16 settembre 2023, ricevendone provvista dal contribuente, ovvero, qualora applicata direttamente da quest’ultimo, entro il termine per il versamento a saldo delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi e pertanto, tipicamente, entro il 30 giugno 2023.
Quando conviene?
Come accennato in precedenza, gli effetti dell’affrancamento considerano come “realizzati” i redditi di capitale ed i redditi diversi, con la conseguenza che, in caso di realizzo di plusvalori, la tassazione complessiva dell’OICR porterà ad un risparmio di 12 punti percentuali rispetto a quella ordinaria che, prevede l’applicazione dell’aliquota del 26%.
Inoltre, va sottolineato che l’affrancamento delle quote di OICR non applica l’imposta sostitutiva del 14% sull’intero valore delle quote al 31/12/2022 (ovvero il NAV unitario delle stesse), ma solamente sulla parte che eccede “il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione”, prevedendo di fatto un risparmio “netto” del 12% rispetto alla tassazione ordinaria.
Pertanto, in ipotesi di quote plusvalenti alla data del 31/12/2022, l’affrancamento delle quote degli OICR risulta particolarmente appetibile in tutti i casi di disinvestimento nel breve termine, in quanto l’imposta “colpisce” solamente i maggiori valori non ancora realizzati.
Va tuttavia considerato che in alcuni casi l’affrancamento non è conveniente, per esempio nel caso di fondi o ETF che investono in titoli di stato ed equiparati, italiani ed esteri e che sono soggetti al momento (in base all’art. 26-quinques del DPR n. 600/1973 e dell’art. 10-ter della L. n. 77/1983) ad un aliquota pari al 12,5% dunque inferiore al 14%
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