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Private Equity: che cos’è e come investire in aziende private?

private equity come investire in aziende non quotate

Circa il 90-95% delle aziende nel mondo non è quotato in borsa: solo una piccola minoranza arriva davvero sul listino.
Quando parliamo di investire nei mercati finanziari tradizionali, quindi, stiamo guardando soltanto una fetta dell’universo investibile.

Allora cosa succede con tutto il resto? Non si può investire in queste società? In realtà in molte di esse sì, ma storicamente servivano capitali elevatissimi, requisiti stringenti e orizzonti temporali molto lunghi: un mondo pensato per fondi pensione, assicurazioni e grandi patrimoni, non per il risparmiatore medio.

Per costruire un portafoglio che combini mercati quotati e, se appropriato, una piccola quota di mercati privati 👇

Che cos'è il Private Equity?

La traduzione letterale di private equity è “capitale privato”. In pratica, parliamo di investimenti in aziende non quotate tramite partecipazioni dirette nel capitale oppure tramite fondi specializzati che raccolgono capitali da molti investitori e li investono in decine di società.

L’obiettivo non è fare trading giornaliero come sui mercati azionari, ma:

  • iniettare capitale, competenze operative e contatti
  • seguire l’azienda per diversi anni
  • migliorarne processi, management e redditività
  • uscire (exit) con un guadagno, ad esempio:
    • portandola in borsa tramite IPO
    • vendendola a un grande gruppo industriale
    • cedendo la quota a un altro fondo.

Se pensi a marchi oggi familiari come Spotify o Netflix, gran parte della crescita iniziale è avvenuta quando erano ancora società private, sostenute da fondi di venture capital e private equity che ne hanno finanziato l’espansione globale prima di diventare tra i marchi più famosi quotati in Borsa.

Come funziona il Private Equity?

Di solito quando si parla di private equity si mettono insieme mondi un po’ diversi. Per semplicità, possiamo dividerli in tre grandi strategie, largamente riconosciute anche dagli operatori internazionali.

Fasi di ingressoStrategia
Venture Capital
(fase “garage”)
- Investimento in start-up e aziende giovani, spesso ancora in perdita.
- Il fondo fa molte piccole scommesse su idee potenzialmente dirompenti.
- Il rischio è altissimo: la maggior parte delle start-up non arriva mai a un’uscita di successo.
- In cambio, pochi casi vincenti possono generare ritorni esponenziali e compensare tutte le perdite.
Growth equity
(aziende che stanno già crescendo)
- Investimenti in società che fatturano, crescono e hanno un modello validato, ma hanno bisogno di capitale per scalare.
- Il fondo entra di solito con una partecipazione minoritaria.
- Obiettivi tipici sono: espandersi all’estero, rafforzare la tecnologia, lanciare nuove linee di prodotto.
- Rischio più basso rispetto al venture capital puro, ma comunque significativo.
Buyout
(acquisizioni di controllo)
- Acquisto maggioritario di aziende già consolidate (anche con centinaia di milioni di fatturato).
- Il fondo prende il controllo, cambia management se necessario, ridisegna la strategia.
- Spesso utilizza leva finanziaria (debito) per aumentare il potenziale rendimento.
- Obiettivo tipico: raddoppiare o triplicare l’EBITDA in 5–7 anni e poi vendere o quotare la società.

In tutti i casi, la logica è la stessa: i fondi cercano di creare valore dall’interno (operazioni, strategia, governance), non solo di speculare sui multipli di mercato.

Perché il private equity è così di moda?

  1. Un universo di aziende molto più ampio della borsa

Secondo diverse analisi, esistono decine di volte più aziende private che quotate, e un numero crescente di società rimane privata più a lungo, facendo gran parte del proprio percorso di crescita lontano dai listini. In poche parole: se investi soltanto sui mercati quotati, ti perdi una fetta importante della creazione di valore.

  1. Come investono i grandi fondi pensione e gli endowment

Fondi pensione pubblici, grandi fondazioni universitarie e fondi sovrani allocano da anni una quota significativa del portafoglio ai mercati privati (private equity, credito privato, infrastrutture, real estate), proprio per cercare rendimenti superiori all’azionario quotato con una volatilità meno “nervosa” rispetto alle borse tradizionali.

Per loro, il private equity è una sorta di “motore” di rendimento a lungo termine, accettando l’illiquidità in cambio di un premio.

  1. Rendimenti storici: davvero più alti?

Qui è importante essere onesti: non esiste un numero unico valido per tutti. Dipende da periodo analizzato, area geografica, qualità dei gestori. Detto questo, diversi studi mostrano che, nel lungo periodo:

  • i portafogli di private equity di fondi pensione USA hanno ottenuto circa 11% annuo netto in oltre 20 anni, contro circa 6% di un portafoglio azionario quotato equivalente.
  • alcuni indici globali di private equity hanno superato gli indici azionari mondiali di 4-5 punti percentuali annui su orizzonti di 20–25 anni.

Sono numeri medi storici, non promesse: i rendimenti futuri possono essere molto diversi, soprattutto in un contesto di tassi più alti come quello 2024-2026.

Come investire nel Private Equity?

Tradizionalmente, investire nel Private Equity era riservato a grandi patrimoni e investitori istituzionali, come fondi pensione, assicurazioni o family office.

Fino a pochi anni fa, il capitale minimo richiesto per partecipare a un fondo di Private Equity era solitamente tra 100.000 € e 1 milione di euro, a seconda della società di gestione e del tipo di veicolo. Anche i ticket dei fondi più esclusivi potevano superare i 5 milioni di euro, con vincoli di liquidità a 8-12 anni e commissioni molto elevate (intorno al 2% annuo).

E a tutto questo si doveva aggiungere che:

  • Sono investimenti illiquidi, con orizzonti di 7 a 10 anni.
  • Richiedono un'alta diversificazione e conoscenze finanziarie avanzate.
  • Comportano costi di gestione elevati e strutture giuridiche complesse.

Piattaforme digitali e neobanche

Accanto al mondo bancario tradizionale, stanno nascendo soluzioni più digitali.

Scalable Capital

Tra le novità più rilevanti introdotte nel 2025 da Scalable Capital c’è l’accesso ai mercati privati tramite il BlackRock Private Equity Fund, un ELTIF che investe in un portafoglio globale di società non quotate.

CaratteristicheDefinizione
🏆 SicurezzaBaFin (Germania)
💰 Investimento minimo10.000 €
Termine temporaleDipendente dal ciclo di investimento/disinvestimento del fondo selezionato.
💲 CommissioniNessuna commissione aggiuntiva di Scalable Capital per la sottoscrizione. Il fondo applica le proprie fee.

Si tratta della prima volta in Italia che un fondo di questo tipo è disponibile su una piattaforma di investimento digitale: gli investitori possono entrare nel private equity con un investimento minimo iniziale di 10.000 €, per poi impostare un piano di risparmio ricorrente con Scalable Capital direttamente dal proprio conto.

Non sono previsti costi di ingresso o di rimborso; il fondo applica invece una commissione di gestione del 2,50% annuo, a cui si aggiunge un’eventuale performance fee se viene superato un rendimento soglia prefissato.

Dal punto di vista della liquidità, è previsto un periodo di blocco iniziale senza rimborsi fino al 30/06/2027; in seguito, gli investitori possono chiedere il rimborso su base trimestrale, entro un limite massimo del 5% del NAV del fondo per trimestre (e di una quota delle attività liquide), il che lo rende più flessibile rispetto ai tradizionali fondi chiusi di private equity, pur restando un investimento illiquido e di lungo periodo.

Grazie a questa soluzione, Scalable Capital permette di inserire in portafoglio una delle asset class alternative storicamente più performanti, caratterizzata da bassa correlazione con i mercati azionari quotati e quindi potenzialmente utile per migliorare la diversificazione complessiva degli investimenti di lungo termine.

  • 2% annuo di interessi sulla liquidità.
  • PAC a partire da 1 euro.
  • Possibilità di investire in frazioni di criptovalute.
  • Accesso ad azioni, ETF, ETP crypto, certificati e private equity.
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Gli investimenti comportano rischi e il valore può variare, con possibili perdite.

Trade Republic

Un esempio interessante per il mercato italiano è Trade Republic, banca digitale e broker regolato in Germania (BaFin) che dal 2025 opera in Italia con succursale locale, IBAN italiano e regime amministrato per la tassazione.

CaratteristicheDefinizione
🏆 SicurezzaBaFin (Germania)
💰 Investimento minimo1€
📈 Redditività obiettivo12% annualizzato*
Termine temporalePuoi depositare e ritirare il denaro quando lo ritieni opportuno.
💲 Commissioni1€ + spread.

Nel 2025 Trade Republic ha annunciato, a livello europeo, una partnership con Apollo Global Management ed EQT per offrire accesso ai mercati privati da 1 € di investimento, tramite veicoli che investono in fondi di private equity selezionati.

In sintesi:

  • Accesso minimo indicativo: da 1 € (investimento frazionato in fondi target)
  • Tipologia di sottostante: fondi di private equity globali gestiti da operatori come Apollo ed EQT
  • Liquidità: più flessibile di un fondo chiuso tradizionale, ma da verificare caso per caso nell’app (finestre di sottoscrizione e rimborso)
  • Conto e liquidità: il conto Trade Republic offre anche un interesse sulla liquidità non investita, legato al tasso della BCE, con pagamento mensile e IBAN italiano; il tasso preciso può variare nel tempo e va verificato prima di investire.

Nota importante: la disponibilità concreta dei singoli prodotti di private markets può variare in base al Paese di residenza e al profilo MiFID del cliente. Prima di investire è essenziale leggere KID, prospetto e documentazione informativa.

  • Interessi sul saldo non investito.
  • Saveback 1%.
  • IBAN italiano.
  • Investimenti a partire da 1 euro.
  • PAC su azioni ed ETF senza commissioni.
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Il valore degli investimenti può variare e si può ricevere meno dell'importo iniziale.

Fondi chiusi e mandati tradizionali

Si tratta di un'opzione per chi dispone di grandi capitali e di una banca private o family office, per i quali restano disponibili fondi chiusi di private equity con strategie buyout, growth o venture selezionati spesso tramite fondi di fondi internazionali.

Qui però parliamo ancora di:

  • ticket minimi elevati (decine o centinaia di migliaia di euro)
  • selezione rigorosa del gestore
  • documentazione e due diligence articolate.

ELTIF 2.0: la via “istituzionale” per i risparmiatori italiani

La vera novità per il risparmiatore italiano è l’arrivo degli ELTIF 2.0 (European Long-Term Investment Funds). Dal gennaio 2024 la normativa europea è stata aggiornata per:

  • eliminare il vecchio minimo di 10.000 € per investitore, a livello di regolamento europeo
  • rendere più flessibile la gestione (anche fondi evergreen con finestre di rimborso)
  • facilitare la distribuzione anche a clienti non professionali tramite intermediari autorizzati in Italia.

In pratica, tramite banche e SGR italiane vigilate da Consob, i risparmiatori possono oggi accedere a:

  • fondi multi-asset che investono in private equity, private debt, infrastrutture e immobili
  • con orizzonte di 8-12 anni
  • e ticket commerciali spesso nell’ordine di 10.000-25.000 €, talvolta meno, a seconda del prodotto.

Restano però il tema della illiquidità (non è un conto deposito), costi generalmente più alti di un ETF e la necessità di consulenza adeguata e di una visione di portafoglio complessiva.

Se stai valutando di combinare ETF quotati con eventuali soluzioni ELTIF o mercati privati, può essere utile confrontare le condizioni di broker multi-prodotto come Fineco, che offrono un’ampia gamma di strumenti per costruire la componente “core” liquida del portafoglio.

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  • Piattaforma efficiente.
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Investire comporta rischi di perdite.

Rischi del private equity

Il private equity non è un nuovo ETF alla moda. È un’asset class complessa, che può avere senso solo per una quota limitata del portafoglio e solo per chi ha un orizzonte lungo. I principali rischi:

  • Illiquidità
    • Il capitale può essere bloccato per anni.
    • In molti casi non esiste un mercato secondario semplice.
  • Rischio di perdita permanente
    • Start-up e aziende in ristrutturazione possono fallire.
    • Anche nei fondi diversificati, non c’è garanzia di capitale.
  • Rischio gestore
    • La dispersione dei risultati fra i migliori e i peggiori fondi è enorme.
    • Scegliere prodotti solo in base alla brochure commerciale è pericoloso.
  • Commissioni elevate
    • È normale vedere strutture “2 + 20” (circa 2% annuo di management fee + performance fee sul rendimento eccedente un certo livello).
    • I costi vanno sempre confrontati con ETF e fondi tradizionali.
  • Orizzonte temporale lungo (e J-curve)
    • Nei primi anni il fondo “chiama capitale” (capital calls) e investe: è normale vedere performance inizialmente deboli o negative.
    • I risultati, se arrivano, lo fanno spesso dopo 7–10 anni.
  • Regolamentazione e complessità fiscale
    • Anche se ELTIF 2.0 e piattaforme come Trade Republic semplificano l’accesso, la normativa è complessa e in evoluzione.

Private equity nel portafoglio: per chi può avere senso?

In generale, il private equity può essere considerato solo da chi ha possibilità di investire con orizzonte temporale lungo (10 anni o più), può tollerare di non toccare quella parte di capitale per anni e ha già costruito una solida base di liquidità di sicurezza e investimenti liquidi (ETF, fondi indicizzati, azioni e obbligazioni tradizionali).

Per un investitore privato consapevole, una piccola quota di portafoglio in private markets (private equity, private debt, infrastrutture) tramite prodotti ben strutturati e intermediari regolamentati può:

  • aumentare la diversificazione
  • potenzialmente migliorare il rapporto rischio/rendimento di lungo periodo.

Ma non è un passaggio obbligato: si può costruire un ottimo portafoglio di lungo termine anche solo con strumenti quotati.

Il private equity non è una scorciatoia per arricchirsi velocemente. Al contrario, è un modo diverso di esporsi alla crescita delle aziende, con più complessità, più illiquidità e, se ben utilizzato, potenziale di rendimento interessante nel lungo periodo.

Se vuoi approfondire questo tipo di investimento:

  • Valuta prima se il tuo portafoglio di base è solido (emergenza, ETF, diversificazione).
  • Informati su ELTIF 2.0 distribuiti in Italia e su come si inseriscono nel tuo profilo di rischio.
  • Esamina con attenzione le soluzioni digitali come Scalable Capital e Trade Republic per capire:
    • quali prodotti di private markets sono disponibili per i clienti italiani
    • quali costi, orizzonte temporale e rischi comportano.

Previsioni per il 2026

Guardando al 2024-2025, i mercati privati stanno vivendo una fase particolare, con dealmaking più lento e raccolta fondi in calo rispetto agli anni record post-pandemia, ma un certo interesse degli investitori ancora elevato, soprattutto per strategie diversificanti rispetto ai mercati quotati.

Secondo diversi operatori, nel 2026 sarà probabile vedere una maggiore offerta di prodotti ELTIF 2.0 rivolti a risparmiatori europei, Italia inclusa e ulteriori evoluzioni di soluzioni “lite” per i mercati privati, distribuite tramite piattaforme digitali (come il caso Trade Republic).

Ciò non significa che i rendimenti saranno per forza elevati: il contesto di tassi più alti rende la selezione dei progetti e dei gestori ancora più critica.

Per chi sta costruendo un portafoglio di lungo periodo e vuole valutare se aggiungere anche una piccola quota di mercati privati, può essere utile confrontare funzionalità e costi di broker regolamentati come Trade Republic, che offrono soluzioni moderne per la gestione del risparmio e piani di investimento automatizzati accanto a un’ampia gamma di strumenti quotati.

  • Interessi sul saldo non investito.
  • Saveback 1%.
  • IBAN italiano.
  • Investimenti a partire da 1 euro.
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Il valore degli investimenti può variare e si può ricevere meno dell'importo iniziale.

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